venerdì, Aprile 26, 2024

Al Teatro Manzoni Alice celebra il Maestro Battiato

di Francesco Belliti

PISTOIA – Accompagnata solamente dal pianoforte di Carlo Guaitoli, Alice sale sul palco del Teatro Manzoni di Pistoia con la classe che l’ha sempre distinta, ma anche con l’emozione per un nuovo momento di ricordo collettivo.

Quella di Franco Battiato, scomparso ormai quasi un anno fa, è un’eredità pesante: versi e musiche entrate nel quotidiano di diverse generazioni, un insieme eterogeneo di sensazioni e verità che hanno conquistato i cuori e le menti di chi ha seguito fino in fondo l’opera di un artista irraggiungibile.

La standing ovation a fine concerto (foto di Giovanni Fedi)

Alice, che con il cantautore siciliano si è resa protagonista di un duraturo sodalizio artistico, è l’interprete giusta, forse la sola adatta a questo evento di commemorazione. Così ‘Alice canta Battiato’ diventa la cerimonia di cui tutti avevamo bisogno, nella cornice di un teatro completamente pieno che ci riporta ad un prima di cui iniziavamo a non avere più ricordo. Non un funerale, ma la celebrazione di una grande esistenza, importante per la musica e per le nostre vite.

Si parte con brani meno conosciuti, dall’incipit di ‘Luna indiana’, dove colpiscono subito al cuore i versi “Il tempo passa e noi non siamo dei”, a ‘È stato molto bello’ e quel grande pezzo che è ‘Lode all’inviolato’. Le note introduttive de ‘L’animale’, poi, cominciano a gettare commozione ed entusiasmo negli occhi degli spettatori, cui vengono infine regalati anche perle come ‘Segnali di vita’ e ‘Un’altra vita’.

Attraverso queste canzoni, ci si ricongiunge all’intimità e alla spiritualità del Maestro: alla sua eterna lotta contro le banalità del quotidiano, consolata dal desiderio di evadere verso la bellezza dell’essenza. Ma la grandezza del cantautore viene riconfermata anche da versi che, oggi, non possono che rimandare alla tragica attualità della guerra: “Da tempo immemorabile qui non si impara niente. Sempre gli stessi errori, inevitabilmente gli stessi orrori”, parla così in ‘Io chi sono?’. Sono invece assai più noti “quei corpi in terra senza più calore” di ‘Povera Patria’, con l’incertezza e la speranza che questo mondo riuscirà un giorno a cambiare.

Alice rinuncia ad essere sempre vocalmente impeccabile per mostrare liberamente l’emotività data dal momento: perché questo concerto è anche la sua storia, il suo percorso compiuto al fianco di un caro amico. Arrivano infatti, a stretto giro, i pezzi più belli del suo sodalizio artistico con Battiato: ‘Il vento caldo dell’estate’, ‘Messaggio’, ‘I treni di Tozeur’ e ‘Chanson egocentrique’.

Si va infine verso la conclusione, quella che gli spettatori attendevano pazientemente: impossibile rinunciare a sentire ‘E ti vengo a cercare’, ‘La stagione dell’amore’ e ‘La cura’, che sono in un certo senso la summa dell’eredità che tutti noi abbiamo ricevuto. Impossibile, dunque, per la cantautrice nativa di Forlì uscire definitivamente di scena dopo aver regalato queste emozioni: c’è tempo dunque di abbandonarsi per un ultimo momento a ‘Prospettiva Nevski’ ed esaltarsi alle note di ‘Per Elisa’ e ‘L’era del cinghiale bianco’.

Finisce così la cerimonia, tra gli applausi scroscianti e strameritati ad Alice e una consapevolezza rinnovata: siamo stati fortunati a vivere nell’epoca di Franco Battiato, a scoprire la leggerezza ballando sulle sue canzoni, a domandarci spesso il significato di un determinato pezzo o singolo verso e arrivare, illuminati, a comprenderlo semplicemente vivendo la nostra esistenza.

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