sabato, Aprile 20, 2024

Il sindaco Tomasi: “5 anni per rimediare ai disastri, adesso pensiamo ai grandi progetti”

di Alberto Vivarelli

PISTOIA – Non ci sono scatoloni nella stanza del sindaco Alessandro Tomasi, anche se siamo a meno di un mese dalle elezioni. Non c’è aria di smobilitazione. Certezza della riconferma o scaramanzia?

Alessandro Tomasi a Monteoliveto

“No, nessuna certezza. Sono cosciente che si vince e si perde, anche perché l’ho vissuto sulla mia pelle: ho perso più di quanto abbia vinto. Sono solo indaffarato in questo momento in cui ho un doppio ruolo: fare il sindaco e il candidato. Se vinciamo nessuno scatolone, se perdiamo chiederemo qualche giorno per farli”.

La sintesi di questa lunga intervista di fine mandato al Sindaco, ce la offre un provebio francese: “On a remise l’église au milieu du village” (abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio), questi cinque anni sono serviti per fare pulizia e rimettere le cose al loro giusto posto, è il Tomasi-pensiero, perché le emergenze hanno tarpato le ali ai progetti. Il Sindaco è lontano dalla narrazione un po’ wagneriana sui disastri dei 70 anni di amministrazioni comuniste, ma non esita a definire disastrosa la situazione ereditata. E ora che tutto è sotto controllo, è il momento di pensare al futuro di un territorio che ha molto da dire e da fare.

Sindaco, quali sono i progetti realizzati finora che le hanno fatto dire: “ne è valsa la pena”?

“Per chi vuol bene alla città, tutte. Per esempio, quello che può apparire più semplice come investimento, un piccolo parco di periferia, vederlo popolato da ragazzi è una cosa che dà soddisfazione. E’ lì che si ritrova anche il piacere della politica, rispetto a ruoli più alti. Il sindaco ha la fortuna di vedere le cose realizzate che, seppur piccole, hanno un significato profondo. Credo, ad esempio, che si sia fatto un ottimo lavoro sulle scuole: le oltre quaranta verifiche sismiche sono state seguite da lavori importanti per la loro messa in sicurezza, come per esempio la costruzione della scuola Cino. Tutto questo grazie alla riorganizzazione dell’ufficio dei lavori pubblici, il cui personale è aumentato in numero e in qualità. E con la progettazione c’è stato modo di recuperare un po’ di soldi partecipando a bandi regionali, nazionali e della Fondazione Caript: questa è la logica che ci ha guidato”.

Dei 56 milioni di investimenti, quanti sono stati realizzati con mutuo?

“Una parte piccolissima. L’indebitamento dell’ente è fortemente diminuito, di qualche milione. La capacità di trovare finanziamenti al di fuori del Comune attraverso bandi permette di far diminuire l’indebitamento. Un’operazione, devo dire, iniziata anche dalla precedente amministrazione.

Ci sono cose che non l’hanno soddisfatta?

“Sicuramente, a parte le scelte. Si sono fatti tanti lavori pubblici ma dobbiamo trovare sistemi di controllo migliori anche se siamo legati dal codice degli appalti che a mio giudizio causano ancora tanti problemi e non tutelano l’interesse pubblico che però si riflettono sulla qualità dei lavori. Aumentando gli investimenti, sono più veloci i medi-grandi interventi di quelli piccoli come la manutenzione a cavallo tra l’ordinario e lo straordinario su cui dovremo sicuramente accelerare e migliorarne i modi”.

Al di là dei singoli interventi si ha la percezione che abbiate avuto una visione strabica del territorio e che le periferie siano state lasciate un po’ in disparte

“Non siamo riusciti ad arrivare da tutte le parti perché il territorio è veramente immenso e la quantità degli interventi che erano richiesti, purtroppo, dopo anni in cui la manutenzione non veniva fatta, erano enormi. In realtà abbiamo cercato di intervenire in tutte le zone, per esempio a Cireglio abbiamo rifatto i marciapiedi, il cimitero, un parco giochi; lo stesso vale per Pracchia. A Orsigna abbiamo investito molto sulle fognature, sull’asfaltatura delle strade, sul ponte di Giamba. Nella valle delle Buri abbiamo portato il metano, abbiamo fatto interventi importanti al cimitero di Baggio. A Bottegone stiamo portando avanti il progetto da 18 milioni di euro, interventi complessi come qualità e quantità. Purtroppo a volte questi interventi si perdono nell’altro mare di cose da fare. Ma nei prossimi cinque anni, tolte le emergenze per le scuole e gli impianti sportivi ci saranno più risorse da spalmare sul territorio”.

Nel programma elettorale del 2017 avevate puntato su alcuni temi molto forti: sport, sicurezza, decoro. Cominciamo dallo sport. Avete scommesso su quello che era un punto debolissimo della precedente amministrazione ma le cose sono andate in altro modo. Avevate promesso la copertura della pista di pattinaggio in meno di sei mesi e ci avete impiegato oltre tre anni, la vicenda del Legno rosso è ancora da risolvere, non avete azzeccato un solo bando per la gestione degli impianti sportivi, ci sono campi sportivi in situazioni indecenti: San Felice e Bottegone su tutti.

“Quando scrivemmo quel programma elettorale, confesso che avevamo chiara soltanto una parte che era quella che più si vedeva, ad esempio il Legno rosso e il campo scuola, in realtà abbiamo scoperto una situazione ben più drammatica, emergenziale, tanto da far tremare i polsi, con il timore di dover chiudere degli impianti che erano completamente fuori norma”.

Come fate a dire “abbiamo scoperto” quando quattro membri della Giunta, lei compreso, erano seduti sui banchi del consiglio da dieci anni e qualcuno da venti? Fino al 2017 cosa facevate in consiglio?, come opposizione, controllare era il vostro compito, tramite il Consiglio e le commissioni.

“Davamo per scontato che alcune cose, anche dal punto di vista tecnico e politico, fossero state tenute sotto controllo. Alcuni esempi. Nella palestra Masotti non c’era l’antincendio a norma: l’abbiamo sistemato, abbiamo rifatto i bagni e garantito l’accessibilità ai disabili. Nella palestra Marini non c’era l’antincendio a norma: abbiamo fatto la Scia. Ci siamo concentrati sugli impianti al chiuso tralasciando gli interventi negli impianti all’aperto. Nella piscina Boario abbiamo dovuto togliere il ponteggio, poi rifare il tetto, il lucernario, il fondo vasca, altrimenti sarebbe stata chiusa. L’ultima palestra inaugurata, la Pertini, non aveva la Scia antincendio, c’è da chiedersi: chi l’aveva collaudata? Nel palazzetto dello sport erano scadute sismiche, statiche e l’antincendio, poi abbiamo sostituito la caldaia e cambiato i tabelloni. Allo stadio abbiamo dovuto fare le verifiche sismiche e statiche sulla tribuna ovest insieme alle luci e ai seggiolini, così come nella curva nord. Il campo scuola lo abbiamo rifatto. Il ritardo nella rifacimento della copertura della pista di pattinaggio è dovuto al fatto che contestualmente abbiamo dovuto rifare la copertura della pista delle Fornaci insieme all’antincendio e alla pavimentazione perché entrava acqua da sotto. Abbiamo messo a norma le palestre di Bottegone e l’Anna Frank. In questi cinque anni siamo intervenuti su tutti gli impianti per impedirne la chiusura. In tutti le strutture non c’era niente a norma”.

Però poi una tenda con relativa struttura si stacca dalla parete nella palestra Cino e la narrazione entra in crisi.

“Non credo sia giusto far passare il messaggio che ci sia un problema di sicurezza generalizzato. In quella palestra è caduta una tenda e l’asta che la sorreggeva in seguito di una pallonata. Siamo subito intervenuti. Certamente mi piacerebbe avere la bacchetta magica così da riuscire ad evitare episodi simili ma la verità è che non ce l’ho e che quando parlo di sicurezza nelle palestre penso agli impianti antincendio realizzati laddove non c’erano mai stati. È chiaro che questo non significa riuscire ad evitare qualsiasi evento, né significa che il lavoro è concluso. C’è ancora molto da fare ma è sicuramente un percorso tracciato. Anche per questo voglio continuare il cammino intrapreso, per portare avanti le opere ancora da concludere”.

Parliamo della vicenda Legno rosso, una ferita nel 2017, una ferita ancora aperta.

“Il primo tentativo fu quello di fare i bandi ma l’ufficio sport era sguarnito di professionalità. Il bando non è andato bene perché nessuno prende in gestione strutture che non sono a norma. Il secondo tentativo ha ricevuto due proposte di project financing per la durata di 30 anni che sono all’esame. Noi abbiamo candidato la struttura ai finanziamenti del PNRR per intervenire direttamente e poi affidare la gestione con bando successivo. Però in questi anni abbiamo fatto alcuni interventi. Con il primo abbiamo rimesso a posto la palestra che adesso è agibile, il secondo riguarda la parete dell’arrampicata di cui abbiamo fatto il progetto e tra poco partiranno i lavori. Nel prossimo mandato dovremo dedicarci, messi a norma tutti gli impianti al chiuso, a quelli all’aperto come gli impianti di calcio: Pistoia Nord, dove la società ci ha proposto un project financing. L’altra grande sfida è quella di costruire un impianto multifunzionale che vogliamo fare nell’area Pallavicini e che stiamo facendo progettare all’Università di Firenze con i nostri uffici; un impianto polivalente con un palazzetto da 1500 spettatori, con la possibilità di ospitare diverse discipline, anche con campi all’aperto. Continueremo a lavorare sul Campo scuola che ha bisogno di altre due cose che stiamo già progettando: l’illuminazione e la copertura della tribuna. Vi è poi l’ipotesi di creare piccoli impianti, anche con tensostrutture, nell’area delle Fornaci di nostra proprietà, accanto al pallone del pattinaggio”.

San Felice e Bottegone, due situazioni ben oltre il limite della decenza.

“Per San Felice stiamo pensando a sostituire gli spogliatoi, ma il problema di sempre è l’accesso all’impianto con quel ponticino”.

Sicurezza, l’altro vostro cavallo di battaglia. Avete quasi militarizzato la polizia municipale fino al cane antidroga ma i risultati sono deludenti e non è un’opinione: le bande di ragazzini che per mesi hanno terrorizzato i cittadini, persone che avevano paura a passeggiare in via Roma o sulla Sala. E nei parchi si continua a spacciare droga. Tutto esattamente come cinque anni fa. E di vigili in città, nemmeno l’ombra, esattamente come in periferia.

“Una città come Pistoia, di 90mila abitanti, dovrebbe avere 90 vigili urbani: questi sono i numeri standard. Abbiamo fatto tre concorsi per agente e uno per funzionario, ma non è semplice perché nel Corpo di polizia c’è tantissima mobilità. Il Corpo è molto ringiovanito ma non siamo ancora arrivati a 90 unità che è il nostro obiettivo. Abbiamo chiesto alla polizia municipale di fare di più rispetto ai compiti, come la lotta al degrado con le fotocamere e ha questo abbiamo destinato cinque agenti. Credo che sulla videosorveglianza si sia fatto un ottimo lavoro. Ma a volte si scambia il ruolo della polizia municipale con quello di altri. In questi anni è stata chiamata sempre più spesso a svolgere compiti di ordine pubblico, è una evoluzione a cui occorre rispondere perché il cittadino chiede sicurezza. E con il nuovo questore sono stati fatti interventi importanti nei confronti di queste bande di ragazzini: sono stati emessi Daspo, sono stati chiusi alcuni locali e sono stati individuati i responsabili delle violenze. L a militarizzazione. Quando un agente della polizia municipale esce, come lavoratore deve essere messo nelle migliori condizioni, proprio per i compiti che si chiedono loro. Il cane antidroga lo stanno addestrando. Se contribuirà a fare arrestare anche un solo spacciatore, saremo ripagati. E quando sarà pronto sarà a disposizione delle altre forze di polizia anche a livello regionale”.

Decoro. Il centro storico è ormai diventato un grande parcheggio selvaggio senza più regole, senza più rispetto nemmeno per i nostri monumenti, le nostre chiese: ognuno fa come meglio crede, tanto non ci sono controlli.

“Sono d’accordo. Avevamo previsto la chiusura di tutti i varchi che permettono l’accesso al centro storico perché ci sono delle falle che consentono di entrare anche a chi non ha il permesso penso al lato Tribunale, la zona di via Verdi, parcheggio Misericordia. Dobbiamo chiuderli, anche se il progetto è in ritardo. Credo e spero che l’apertura dell’area ex Breda dia una risposta alla richiesta di sosta a due passi dal centro. Aiuterà anche il progetto del ribaltamento a sud della stazione con i suoi parcheggi di attestamento che sta per andare a gara. In centro si possono recuperare alcuni stalli per la sosta dei residenti perché dobbiamo impedire la fuga dei cittadini dal centro storico. Questo non significa che possano parcheggiare davanti alle chiese né pensare che si possa parcheggiare sotto casa. Ma finita la pandemia sono riprese le sanzioni. La direzione verso cui bisogna andare è quella delle zone pedonali maggiori e monumeti protetti”.

Ha citato diverse volte la parola vivibilità. Ci sono zone assolutamente fuori controllo: il viale Adua è un inferno, 23-28 minuti per percorrere il tratto tra l’incrocio di via Croce di Gora e la Coop, Porta San Marco spesso nel caos, tutta l’area a sud delle Fornaci è in sofferenza. Porta al Borgo intransitabile soprattutto nella strettoia dove la auto sostano in doppia fila davanti a negozi e bar.

“Avevamo fatto degli studi su via Dalmazia per capire se si potevano fare alcuni sensi unici e mettere un senso unico lungo la stessa via, purtroppo è molto difficile a causa di alcune attività che lo impediscono. In Porta al Borgo occorrono interventi che non permettano la sosta selvaggia. Di questi problemi ce n’erano molti in città e alcuni piccoli interventi li hanno risolti: via Gorizia, via Antonelli, via Traversa della Vergine, con alcuni sensi unici abbiamo garantito la sosta e lo scorrimento del traffico”.

La vivibilità del centro storico dipende anche dalle attività presenti. In periodo di pandemia il comparto della Sala è diventato un unico grande ristorante a cielo aperto, ma anche altre zone hanno visto espandersi gli spazi esterni per la ristorazione: una necessità consigliata dalla crisi. Terminata la pandemia si tornerà alla normalità?

“Lo farà la Sovrintendenza che non consentirà più alcuna deroga. Tornerà, poi, la rigidità all’interno delle commissioni. E si tornerà a pagare il suolo pubblico. Una piazza deve tornare a essere una piazza. Però tanti non rinunceranno più al dehor che con le sue luci è diventato un presidio anche per la sicurezza, dove sono in eccesso, vanno governati. E teniamo conto che una delle conseguenze della pandemia è che le persone preferiscono mangiare all’aperto. Ma penseremo a tutto il terrritorio, anche se la nostra attenzione si focalizza sempre sulla Sala, in periferia ci sono locali che hanno diritto ad avere la medesima attenzione di quelli del centro. I regolamenti comunali hanno bisogno di costanti revisioni perché deve stare al passo dei cambiamenti della società”.

Ha citato spesso il consiglio comunale come luogo centrale delle decisioni e del confronto, ma la questione di Multutility non è mai arrivata al dibattito.

“Arriverà dopo. Ci sono dei problemi. Alcune aziende non funzionano, come Alia in grave crisi. In un contesto normale sarebbero addirittura fallite; aziende come Publiacqua producono utili per Acea che realizza le panchine a Roma. I problemi sono finanziare e realizzare gli impianti, l’efficientamento e le tariffe. La Multiutility è la carta da giocare ma per ora si è parlato di fuffa. Tutti quanti abbiamo dato mandato alle parti tecniche delle holding senza che la politica mettesse bocca, i tecnici e i consulenti faranno una proposta e su quella si esprimerà la polirtica e quindi i consigli comunali. L’unico indirizzo che abbiamo dato è che il pubblico mantenga la maggioranza per avere il totale controllo. La proposta tecnica è stata presentata una settimana fa, teniamo ben presente che sono 70 i consigli comunali che dovranno esprimersi. Quindi c’è tutto il tempo per il dibattito pubblico, che è necessario perché siano di fronte a un cambio epocale”.

Quando si parla di multiutility il pensiero va subito alle partecipate. Dall’opposizione chiedevate la privatizzazione delle farmacie comunali per due motivi: il Comune non doveva fare l’imprenditore e doveva cessare questa sorta di concorrenza sleale nei confronti dei privati. E poi c’era anche la questione delle sponsorizzazioni poco trasparenti. Solito discorso per Publiservizi per la quale chiedevate l’uscita del Comune e la monetizzazione delle quote. In pochi anni avete fatto una inversione di 180 gradi.

“Governando si matura, anche noi. Su Farcom abbiamo fatto fare uno studio per capire se il fatto di essere pubblica non potesse inficiare la sua operatività di stare sul mercato, la risposta negativa ci ha convinto a tenerla. Ma abbiamo chiesto che lavorasse per motivare di più il suo essere pubblico: utilizzo degli utili come l’arte bonus dato al teatro, tutti gli utili delle sponsorizzazioni sono stati divisi con progetti da 2mila euro l’uno e con un bando sono stati assegnati a una trentina di associazioni sul territorio; durante la pandemia abbiamo chiesto uno sforzo per l’aiuto alle vaccinazioni, acquisto e distribuzione mascherine. Farcom ha un senso che rimanga pubblica se continua a perseguire queste azioni di carattere sociale. Publiservizi abbiamo deciso di mantenerla , anche cambiando idea, ma è una partita molto complessa con il Comune di Empoli che adesso sta trattando con noi sulla gestione. Comunque, anche senza la holding i soldi arriverebbero direttamente al Comune”.

Dunque, privato è bello anche per l’iperliberista Bartolomei, suo assessore?

“Certo, io sono socialista lui è iperliberista. Il mondo è bello perché è vario”.

Cultura. Non si riesce a vedere il segno di questa amministrazione, se non negativo, a partire dalla tristissima vicenda del Museo Marino Marini, dove le sue responsabilità personali sono evidenti, gravi e certificate dai provvedimenti dei consigli d’amministrazione della Fondazione a cui lei ha partecipato al pari della Fondazione Caript.

“Nella questione del Museo Marini ho trovato grande confusione. L’ultima delibera del Comune di Pistoia risale al 1998 per dare in comodato d’uso gratuito una parte del palazzo. C’era una commistione incredibile:spazi comuni con la fondazione, un appartamento con un inquilino che non pagava l’affitto e che abbiamo dovuto sfrattare; il bar lo gestiamo noi e lo dobbiamo appaltare noi; incassavamo i biglietti ma pagavamo la guardiania e le utenze, alcuni lavori le faceva la fondazione, altri noi. Un disastro. Ho chiesto alla Fondazione di rimettere a posto la situazione, anche per sfruttare meglio il museo: chi si occupa dei biglietti faccia anche la politica tariffaria; vendete l’appartamento? Fatene una residenza d’artista. Nel museo non esisteva la Scia antincendio dal 1996. All’ultimo momento cambia la presidenza di Pedrazzini, che in realtà aveva dato segnali esattamente opposti. In un consiglio d’amministrazione alla direttrice era stato dato, per la prima volta il titolo di direttrice, che è uno dei prerequisiti che servono per poter accreditare il museo e, sempre in quelle riuniioni, fu deciso che il museo sarebbe stato a Pistoia, tanto da proporre da parte loro il ritiro dei 140mila euro di contributo che ogni anno la Fondazione dà a Firenze, alla fine della mostra di Marino Marini. Poi sono arrivati a gamba tesa. Noi la proposta del Museo di Firenze non l’abbiamo mai vista, non c’è mai stata. Neanche Nardella, che forse poteva esprimersi con più forza, sapeva. A quel punto è iniziata una battaglia che ha altri fini: il controllo sulle opere, la gestione della fondazione. Il Sindaco di Pistoia ha fatto di tutto, anche sotto il profilo legale il cui percorso sta andando avanti anche ora. Ma la sfida è un’altra, sia per noi che per la fondazione, se loro ci stanno, bene, perché noi abbiamo delle idee sul Museo Marini. Intanto abbiamo il progetto per la sistemazione del Palazzo del Tau che deve essere finanziato ma avendo l’idea ben chiara di poterlo riaprire, altrimenti non si possono buttare i soldi. Si vuol trovare un altro luogo? Parliamone, si potrebbe pensare a una espansione del Museo del Novecento e contemporaneo di Palazzo Fabroni. Ma le cose devono essere fatte in due. Credo però, che il Museo Marini se lo fossero dimenticati in tanti negli ultimi venti anni, anche alcuni esponenti politici che ho visto protestare, non ci avevano mai messo piede. Il museo staccava seicento biglietti l’anno. Punto”.

Pistoia Capitale, la sua amministrazione si è limitata ad assicurare il minimo sindacale: per problemi ideologici?

“Tutti gli eventi previsti nel progetto sono stati diligentemente realizzati, tranne la mostra dedicata alla Curia. Cosa ci ha insegnato Pistoia Capitale? Che dovevamo mantenere il tavolo strategico permanente della cultura dove tutti insieme si decide dove mettere le risorse e come. Da questo tavolo è partito il piano strategico, unica provincia in tutta la Toscana ad averlo fatto, finanziato anche dalle Regione. E ci sono risultati concreti. C’è un elenco dei beni architettonici di tutta la provincia su cui si deve intervenire, a cui dare un ordine di priorità di intervento: non più interventi spot. Si è creata la rete Simuc dei musei che non esisteva, dove verranno decise le strategie comuni da fare insieme. Nel Simuc si sta lavorando anche a un problema grosso: gli archivi, ne abbiamo tanti e devono essere catalogati e portati in luoghi sicuri”.

La gestione della cultura era nelle sue mani, in questi cinque anni non si sono visti progetti che proiettassero la città al di fuori del proprio territorio. La sensazione è che nella cultura il Comune abbia perduto il proprio ruolo guida e che ormai affidi quasi tutto alla Fondazione Caript. E’ un percorso virtuoso?

“Le attività culturali del Comune sono andate avanti e bene. Le ultime tre mostre a Palazzo Fabroni sono andate benissimo, mostre di una generazione artistica giovane. Dentro Palazzo Fabroni si sono celebrati artisti importanti, ora c’è tutto il lavoro fatto su Nativi. Insomma, mostre di altissima qualità anche se il nostro budget complessivo non è paragonabile ad altri enti come la stessa Fondazione. Che non è un nemico ma un soggetto con cui collaborare. La mostra sul medioevo l’hanno organizzata loro ma abbiamo collaborato, è nel nostro museo, è nelle Sale affrescate. Lavorando tutti insieme non si disperdono le risorse. Per quanto riguarda Dialoghi sull’uomo, vorrei sottolineare che da sempre l’apporto del Comune è determinante, seenza il Comune non si fanno i Dialoghi. Nessun appalto, ma sinergia. Con loro abbiamo fatto altre cose importanti come Manifatture digitali: siamo diventati, insieme a Pisa e Prato, il terzo hub per le produzioni cinematografiche. Prato fa il tessuto dei costumi, Pisa mette a disposizione la tecnologia, Pistoia le scenografie nel luogo dove nascerà il laboratorio, accanto alla Cattedrale nell’ex Breda, che farà anche formazione. Il laboratorio lavorerà per tutti i teatri della Toscana ma farà anche attività di noleggio delle scenografie. Ecco, io le tracce del nostro lavoro le vedo e le rivendico con forza. E ancora. Con il museo a cielo aperto di Castagno e l’adesione al Parco letterario di Castello di Cireglio, abbiamo spostato le risorse per la cultura anche in montagna. Il tema della Porrettana culturalmente e turisticamente è importantissimo; il Museo dei rotabili è un progetto del Comune finanziato dalla Fondazione Fs. Abbiamo riscoperto e valorizzato il culto iacopeo. La mostra sul medioevo è figlia dell’Anno Santo ed è uno spatiacque nella ricostruzione della nostra identità: noi siamo la città medievale più importante d’Italia. E non dimentichiamo il nostro ingresso come socio fondatore nella Fondazione del teatro Manzoni che così ha evitato il fallimento. Adesso per il teatro c’è un progetto da 10 milioni dello studio Natalini: sono 35 anni che non si fanno interventi a teatro. Scuola di musica, abbiamo aumentato io contributo di 20mila euro l’anno, stiamo facendo lavori urgenti sulla villa che era stata completamente abbandonata. La cultura si fa nelle strutture che devono essere a norma e in sicurezza. C’è una relazione di Giuseppe Gherpelli del 2013 in cui si dice che alcuni statuti erano vecchi e obsoleti, noi li abbiamo aggiornati tutti tranne quello della Fondazione Vivarelli. Non abbiamo appaltato la cultura alla Fondazione che è un partner paritario”.

Una importante esponente della tua maggioranza, di recente ha affermato che un’Amministrazione deve programmare anche progetti che non potranno essere realizzati subito né entro un mandato, insomma occorre una visione. Un concetto del genere dall’opposizione lo definivate “Libro dei sogni”. Appena insediati avete cancellato una previsione strategica, il prolungamento di via Salvo D’Acquisto perché era da libro dei sogni, e adesso viale Adua è al collasso; avete cancellato la viabilità di interquartiere e la viabilità della zona a nord è nel caos. La bontà del libro dei sogni dipende da chi lo firma?

“Questo discorso che bisogna pensare al futuro è giusto però è possibile realizzarlo sono dal 2022, perché chiunque sederà qui non vivrà quello che ha vissuto Tomasi. Il primo atto che ho firmato è stato la chiusura delle scuole Frosini, questo per dire che il prossimo sindaco non avrà gli stessi problemi che ha avuto Tomasi. Ogni idea è stata soffocata dalle emergenze verso cui siamo stati costretti a convogliare le risorse. Il prossimo sindaco si troverà quasi tutte le scuole e gli impianti sportivi a norma e potrà pensare al futuro”.

Codesta è una visione minimalista, perché intervenire sulle emergenze non esclude progettare per il futuro, da un mese all’altro potrebbero rendersi disponibili risorse regionali, statali, comunitarie che senza progetti andrebbero altrove.

“E’ quello che stiamo facendo: progettiamo un nuovo palazzetto, l’intervento al teatro Manzoni, San Lorenzo i cui 20 milioni arriveranno dal Pnrr, stiamo portando avanti il progetto di Bottegone avviato dalla precedente amministrazione. Quindi, mentre facevamo fronte alle emergenze, abbiamo trovato il tempo anche per progettare il futuro. Le strade. Via Salvo D’Acquisto non è cancellata, l’abbiamo messa nel regolamento urbanistico, ma non condividiamo la strada di interquartiere, un’opera faraonica e irrealizzabile: distruggerebbe un’intera zona. Io posso fare un piano degli investimenti dove metto tutto sempre ma non lo realizzo perché non trovo le copertura finanziarie, noi invece inseriamo le opere quando abbiamo i soldi per farle, quando partecipando a dei bandi c’è la possibuilità di prendere i soldi. Per esempio, ho messo la scuola Cino pur non avendo i soldi ma stavo partecipando ai bandi per i mutui Bei, perché non c’è cosa peggiore che creare aspettative. Per via Salvo D’Acquisto, se arrivano i soldi faremo il prolungamento. In sostanza ci sono dei segni di visione”.

Quando si parla di visione, ci sono due questioni fondamentali sotto il profilo dell’economia: l’ex Breda e l’Hitachi. Il piano dell’ex Breda adrà rivisto perché l’attuale è vecchio di nove anni e l’area è ormai compromessa da interventi poco legati tra loro. Quali sono i paletti che metterà il Comune?

“Condivido l’analisi. Nella questione del recupero dell’ex Breda, il coltello dalla parte del manico adesso l’abbiamo noi. La nuova proprietà mi ha ribadito due cose: quartiere green e architetti molto importanti per realizzare un luogo di altissima qualità che richiede il mercato. Tutte le richieste di riduzione di volumi e l’estensione di verde sono ben accette, ma bisogna osare perché è il quartiere più importante della città. Il dibattito si concentrerà sul lotto B dove attualmente c’è il parcheggio e sono previsti 3mila metri quadri di direzionale: lì è la grande sfida, il Comune deve essere coraggioso, salvaguardando gli interessi pubblici che possono collimare con quelli privati, ma devo dire che li ho sentiti molto orientati”.

Nelle ex Breda il Comune potrebbe giocare una partita importante chiedendo di coinvolgere le aziende pistoiesi nella realizzazione del progetto, un po’ come è successo per l’Esselunga.

“Certo, intendiamo giocare questa partita e credo che anche la proprietà intenda muoversi in questo senso, che è una posizione intelligente. Secondo me ci sarà molto lavoro per le imprese locali. Quella delle ex Breda è una partita strategica. Qui ci sono signori che vengono a Pistoia e investire 40 milioni, quando mai è successo? Avremo un albergo che potrà ospitare due pullman di persone, un grande parcheggio a ridosso del centro storico. Ci giocheremo la reputazione anche nei confronti di altri investitori”.

La questione Hitachi. Ormai il problema non è la permanenza a Pistoia ma un suo possibile radicamento attraverso una espansione. Il territorio sul quale insiste è forse angusto per idee di sviluppo, il Comune può avere un ruolo importante nei confronti dell’azienda giapponese, come è successo e sta succedendo a Napoli. Avete un piano?

“Per la prima volta abbiamo sperimentato in questa città un rapporto con una multinazionale. Non è facile, perché le multinazionali hanno teste molto lontane da noi. Con Hitachi abbiamo fatto alcune cose: ho chiesto l’alternanza scuola-lavoro con l’Iti-Pacinotti con cui è stato fatto un ottimo progetto prepandemia, addirittura triennale; abbiamo chiesto che aderisse all’Its – e lo ha fatto – perché è molto importante. E a proposito di fare lobby, a Pistoia c’era una sola azienda iscritta all’Itis, adesso sono 14. La vicenda urbanistica. Noi abbiamo incontrato più volte l’azienda alla quale abbiamo comunicato che il Comune è a disposizione per mettere a disposizione le aree limitrofe di sua proprietà, penso all’Annona. Se hanno idee di sviluppo, i primi in classifica sono loro. Naturalmente c’è il regolamento urbanistico e su quello tutto il consiglio comunale dovrà fare una scelta. L’azienda ha bisogno di aree di stoccaggio, hanno preso l’area ex Martinelli: penso che per loro quell’area sia vitale. Però devo dire che hanno fatto molti investimenti anche all’interno. E ho visto un indotto che è riuscito a stare al passo, quindi l’Hitachi se tira riesce a far stare a passo tutte le aziende del metalmeccanico, che hanno fatto investimenti. Ho fatto un giro tra le imprese del comune e ho visto fermento. Per esempio ci siamo impegnati al massimo per risolvere la questione dell’area ex Radici, dove quaslcuno ci voleva fare la Repower, oggi c’è MaxItalia (70 dipendenti, venuta da Altopascio), Per Dormire; all’ex Mas di Bottegone abbiamo lavorato per portarci la Microrex che ha comprato anche l’altra parte del terreno; a Sant’Agostino si sono insediate tante vere eccellenze; sorgente Orticaia, 5 milioni di investimento per ampliarla; Cpa nell’area ex Permaflex che ormai è satura. C’è in generale una forte capacità di attrarre investimenti. Merito di Tomasi? Il 10-20%?, non lo so, sono però convinto che il nostro territorio ce la possa fare”.

Parliamo di valori. Lei ha impegato quasi quattro anni per pronunciare per la prima volta la parola Resistenza, adesso è scoppiata la “grana” del 25 aprile: un candidato della Lega, Lorenzo Berti, che la sostiene, ha affermato che il 25 aprile è una giornata di lutto nazionale. Un candidato a sindaco non può stare in compagnia con una persona del genere né debba essere da lui appoggiato. Non pensa che il candidato sindaco debbe assumere una posizione più estrema della semplice dissociazione, arrivando perfino a rifiutare l’appoggio.

“Io sono figlio della mia terra e della mia famiglia e mi dispiace che si metta in dubbio. Mia nonna è nata a Parigi perché il suo babbo era perseguitato dai fascisti; mio nonno ha perso un braccio in guerra ed è stato nel Partito socialista. Io vivo in Toscana, vivo a Pistoia e l’aria della Resistenza e della libertà l’ho respirata nella mia città. In questo mandato c’è stata una crescita dei valori della Resistenza e della memoria generale della città. Nell’alternanza abbiamo dato le cittadinanze onorarie a Silvano Fedi e Manrico Ducceschi. Abbiamo fatto una attività intensa col Cudir, un lavoro correttissimo, quindi non accetto da nessuno patenti di democrazia proprio perché ci sono quste vicende di famiglia che non ho mai raccontato ma che ora è il momento di farlo. Abbiamo ottimi rapporti anche con l’Anpi, al di là dell’ultima polemica assurda e incomprensibile dello spostamento del luogo per la cerimonia del 25 aprile. Perché questo è un patrimonio della città, sembra quasi banale doverne parlare”.

Ma anche un suo amico di partito prima del 1917 scrisse di considerare il 25 aprile giornata di lutto nazionale pubblicando pure la foto di Mussolini.

“Credo che i movimenti giovanili di Alleanza nazionale abbiano fatto questo importante lavoro, anche se nessuno glielo riconoscerà mai. E’ chiaro che si prendono dei ragazzini che a 14-15 anni, da adolescenti si possono dire quelle sciocchezze, ma il lavoro vero di una destra moderna è confrontarsi sulla Costituzione, fare attività politica, entrare nei consigli comunali. Questo è un lavoro che deve essere riconosciuto. Chi si candida con noi – ricordo che le liste le fanno i partiti – deve sottostare ai principi che sono stati portati avanti in questi cinque anni. Noi intendiamo continuare a lavorare sulla memoria attiva”.

Ma non ha risposto su Berti.

“Se questa cosa fosse emersa prima, la Lega non lo avrebbe messo in lista”.

Da un sindaco, di fronte a questo atto gravissimo, ci si aspetterebbe una posizione più forte, non il minimo sindacale.

“La sua candidatura è incompatibile, posso fare a meno del suo voto. Evidentemente non ha letto ciò che abbiamo fatto in questi cinque anni”.

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