sabato, Aprile 20, 2024

In Europa la socialdemocrazia sta tornando di moda e in Italia chissà…

di Nicola Cariglia*

Nicola Cariglia

Tornano, eccome se tornano se Dio vuole.

In Norvegia, pochi giorni fa, il socialdemocratico Jonas Gahr Stoere, “il milionario che ha a cuore la gente comune” ha portato al governo il suo partito. e mandato alla opposizione la destra che, con Erna Solberg, ha ammesso la sconfitta dopo otto anni di premierato.

Non è una rondine isolata, perché in Germania, dopo 16 anni di cancellierato di Angela Merkel e di grandissimo affanno, tanto che sembrava destinata ad essere superata anche dai Verdi, la SPD di Olaf Scholz è in grande spolvero. I sondaggi per le elezioni del 26 settembre prossimo la danno al 26% contro il 20% dell’Unione CDU/CSU e il 15% dei Verdi.

In Francia le elezioni presidenziali ci saranno l’anno prossimo e i socialisti hanno intanto incominciato una marcia che li farà uscire dalla irrilevanza cui li aveva ridotti il predecessore di Emanuel Macron, Francoise Hollande. La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, molto popolare e apprezzata proprio per la sua amministrazione della capitale, ha annunciato da Rouen, in Normandia la sua discesa in campo, restituendo ruolo da protagonista e grandi attese ai socialisti francesi, inalberando bandiere quali salari, ecologia e taglio della burocrazia.

Nella penisola iberica, a Madrid come a Lisbona, già c’erano e ci sono governi socialisti con Pedro Sanchez e  Antonio Costa mentre in Danimarca Mette Frederiksen, socialdemocratica anche lei, è, con i suoi 43 anni, dal 2019, la più giovane primo ministro della storia danese.

E’ sufficiente questa rapida carrellata a segnalare che la socialdemocrazia non è destinata a scomparire. Anzi, cresce in Europa il numero di coloro che la ritengono ancora una volta la scelta politica più efficace per correggere gli squilibri generati suo malgrado dalla globalizzazione e tutelare i diritti sociali delle classi meno abbienti: lavoro, salute, istruzione, ambiente, salari, pensioni.

E, in questo quadro, l’Italia rappresenta l’anomalia. Ovvero è l’unico paese che non ha una rappresentanza politica socialdemocratica. Nel quale, storicamente, socialdemocratici e socialisti hanno dovuto affrontare nemici a destra e a sinistra. “E’ morto il pellegrino del nulla” ebbe incredibilmente a scrivere Gramsci subito dopo l’assassinio per mano fascista di Matteotti, all’epoca segretario del partito socialista unitario. “Il nemico è a tre teste: Mussolini, Sturzo e Turati” aveva scritto nel 1923 Togliatti. E tornata la democrazia dopo la Liberazione, capitava che si volessero impedire i comizi del fondatore della socialdemocrazia italiana, Giuseppe Saragat. E che, qualche decennio dopo, a nemico  numero uno dei comunisti fosse eletto il segretario del partito socialista, Bettino Craxi.

Insomma, è successo per tutto il secolo scorso che, dentro la sinistra italiana, comunisti da un lato, socialisti e socialdemocratici dall’altro, se le dessero di santa ragione. Con un paradosso: che i comunisti l’unica volta che hanno combattuto la destra è stato quando essa ha assunto la forma mostruosa del fascismo. Poi, caduto il fascismo e constatato che non per questo si era levato in cielo il sole dell’avvenire, tutta l’energia del vecchio PCI fu rivolta contro socialisti e socialdemocratici, ovvero i fautori delle riforme possibili all’interno dello stato democratico.

Abbiamo ricordato per sommi capi questi precedenti non per riaprire vecchie ferite o rivendicare postumi meriti storici. Al contrario: vorremmo dimostrare che si tratta di fatti e misfatti lontani anni luce e che oggi, se esistessero ancora quei partiti e quei leader, riconoscerebbero ognuno la propria parte di errori e si salderebbero in un unico fronte. Sostenendo tutti assieme le riforme necessarie alla difesa della parte più povera del Paese, come fecero, a volte con successo, altre volte no, nel corso della loro lunga storia.

Si tratta di una impresa necessaria anche oggi e non impossibile. Per iniziare, si cominci a pensare che la storia ha già emesso il suo verdetto circa la disputa tra riformisti e massimalisti. Che siamo definitivamente in Europa. E che in Europa non c’è un solo Paese importante nel quale non esista una consistente presenza socialdemocratica.

* direttore www.pensalibero.it

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