mercoledì, Maggio 8, 2024

Una serata con l’artista fotografa Bärbel Reinhard

PISTOIA – Ancora un evento organizzato dal Gruppo Fotoamatori di Pistoia con una gradita ospite, l’artista fotografa Bärbel Reinhard.

L’incontro è stato presentato dalla Presidente del Gruppo Sara Del Sarto nei locali del polo culturale Puccini Gatteschi alla presenza di un pubblico numeroso. Conoscevamo già Bärbel, la curatrice di “Nous”, il libro su Mario Carnicelli presentato a gennaio scorso. Questa volta invece ha parlato di sé e del suo lavoro con l’ausilio di molte immagini a corredo della sua “storia” fotografica.

L’artista fotografa Barbel Reinhard ospite dei un evento organizzato dal Gruppo Fotoamatori Pistoiesi (foto di Stefano Di Cecio)

Si occupa di fotografia da molti anni ma è la prima volta che presenta la sua attività di artista professionista a Pistoia, dove risiede dalla fine del 2006. Nata in Germania, si è laureata in storia, sociologia e letteratura tedesca moderna all’Università Humboldt di Berlino. In seguito, trasferitasi in Italia, ha ottenuto il diploma triennale in fotografia alla Fondazione Studio Marangoni di Firenze, dove adesso insegna.

Il suo primo lavoro è stato quello di traduttrice ma la sua lingua preferita è diventata la fotografia. Un percorso che comprende tantissime cose diverse, in sintesi indagare le caratteristiche e i limiti della fotografia che a volte le sta stretta ma continua d essere il suo linguaggio preferito. E’ passata dalla camera oscura, fondamentale per post produttori con i suoi processi lenti e meditati, al foro stenopeico fino alle foto psichedeliche.

All’inizio svolgeva un lavoro fotografico “classico e documentaristico”, come ad esempio all’inizio nel 2009 per il ventennale della caduta del muro di Berlino. Poi anche la scuola Marangoni è cambiata, aprendosi di più agli aspetti artistici. Ha vissuto a Berlino nella Germania dell’Ovest, ma ha visto anche quella dell’Est per indagare sulle tracce di ciò che rimaneva. Non le piacciono le categorie e le etichette, ma spesso si è trovata nella situazione in cui si giudicava il suo sguardo troppo freddo e distaccato a causa della sua origine tedesca, ma non c’era solo questo in lei.

Cercava sentimenti, tracce non visibili, o quelle che nel tessuto urbano oggi non esistono più. Nel suo lavoro però nessuna nostalgia del passato.

Usava una fotocamera Lubitel biottica russa e spesso andava nello stesso posto con due macchine di tipo diverso per ottenere stili diversi. Le dicevano sei schizofrenica, devi deciderti su quale stile adottare! Ma ci sono tanti modi per esprimersi. Ha proseguito con diverse sperimentazioni, dal mettere le stampe in bianco e nero delle sue foto in barattoli di vetro, a ritratti fatti utilizzando macchine stenopeiche con tempi di esposizione da 30 secondi a due ore. Questo perché le piaceva affidarsi ad un tempo “sentito” ma anche a un procedimento dettato dal caso fortuito.

Le piace andare in direzioni anche contrastanti fra loro, un viaggio onirico in cui è importante il rapporto con la macchina. Un giorno a casa ha trovato dentro a vecchie scatole per scarpe, i negativi dei suoi antenati, ed ha iniziato a fare esperimenti di sovrapposizione.

Il collage è la cosa che le si addice di più. Sperimentare il tempo nella fotografia, portarlo fuori dalla bidimensionalità, unire immagini ed elementi fisici. Ai suoi lavori rimette mano anche dopo averli realizzati, non c’è una  grande pianificazione iniziale. Poi si è dedicata all’unione di dettagli del corpo umano abbinati ad oggetti, utilizzando anche programmi di elaborazione fotografica per creare distorsioni ed adattare il corpo alla natura.

Il suo è un lavoro molto intuitivo ed emozionale nel creare un connubio tra corpo e natura. Molte le mostre fatte in gallerie prestigiose italiane come nel  corridoio Brunelleschi con grandi stampe di quattro metri. Il suo intento è quello di miscelare immagini fatte con macchine diverse. Possiede un vasto archivio di immagini. 

A un certo punto ha detto “basta” all’uso di Photoshop ed ha iniziato con l’inserimento di parti di immagini, prese anche da riviste, nella natura stessa per poi fotografarle di nuovo. Piccoli teatri naturali fatti di pietre, cortecce d’albero ed altri oggetti con diversi tipi di illuminazione.

Nella sua carriera molte le collaborazioni con altri artisti fotografi. Al momento lavora a collage di immagini, mettendo insieme cose che non erano state pensate per esserlo, cercando un possibile “schnittmenge-punctumun” (punto di intersezione).

Sicuramente opere originali, fatte con un approccio nuovo, una ricerca continua nel tentativo di andare oltre lo stesso mezzo fotografico.

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