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“La figlia di Manzini non piange”: il padre nel ricordo della scrittrice pistoiese

di Paolo Gestri

PISTOIA – Il 24 marzo 1896 nacque a Pistoia Gianna Manzini.

“Ritratto in piedi” è il romanzo autobiografico che la pose tra le grandi scrittrici italiane del Novecento. Aveva già scritto “Tempo innamorato” (1928), “Bosco vivo” (1932), “Lettere all’editore” (1945), “La sparviera” (premio Viareggio 1956) “Allegria con disperazione” (1965). Era ormai famosa.

La scrittrice pistoiese Gianna Manzini

Ma “Ritratto in piedi”, premio Campiello 1971, è il suo capolavoro”. L’autrice vi narra la fanciullezza accanto al padre, Giuseppe, di lei pentita di non aver capito appieno l’affetto di lui, vissuto sempre in coerenza con i propri ideali. Proprio un “Atto di contrizione” è il primo capitolo. Giuseppe era anarchico: nel ’21 costretto al confino prima a Pracchia, poi a Cutigliano, preso a sassi dai fascisti, sul ponte del paese. Ne morì di crepacuore. Era il 1925. Aveva 53 anni e Gianna 29.

In vita era stato un umile orologiaio che, portando se stesso ad esempio, ripeteva alla figlia il suo primo comandamento, “Non umiliare!: l’umiliazione è un delitto perennemente impunito”. Gianna sentiva rimorso rievocando la sua fanciullezza agiata di famiglia alto-borghese, coi parenti che rinfacciavano a suo padre scelte rivoluzionarie; e ricordando che quando fu al confino si era distratta nella vita comoda di Firenze, dove si era trasferita con la madre che si era separata: “Per amore della mia felicità abolivo nel ricordo quella più fine, più alta, più nutriente, di quando eravamo stati io e lui soli”.

Così Gianna volle visitare la tomba sull’Appennino dell’amato e non corrisposto padre, nell’ottobre 1966. “Le mie visite a Cutigliano: si tratta di una specie di pellegrinaggio…Adesso sto seduta sui calcagni, con gli occhi su questa lapide che di più spoglie non ce n’è. Un uomo. Mio padre. Non dolore. Sbigottimento”. Ma Il padre è forte, anche da morto: “una voce, alle spalle, sorda, perentoria: E smettila di piangere – l’aveva così consolata – La figlia di Manzini non piange“.

Per la sua sepoltura, Giuseppe chiese solo ciotole di miglio per gli uccelli che gli facessero compagnia.

La cronaca registra poi, nel 1913, un (piccolo?) giallo: la tomba onorata era falsa. L’aveva fatta costruire ex novo il sindaco di allora Braccesi, per un gesto di pietà, sapendo appunto che sarebbe venuta la famosa scrittrice: le povere ossa di Giuseppe erano state, da tempo, trasferite nell’ossario comune. Forse lui era quello ricordato da una stele in pietra con la sola data 1925.

Gianna Manzini morì a Roma il 31 agosto 1974.

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