sabato, Aprile 27, 2024

Piccolo dizionario dell’ambiente: fiore

di Marco Cei

In questi tempi di guerra c’è sicuramente il pericolo di essere strumentalizzati, ma oggi vorrei parlare di rivoluzioni “gentili”, nelle quali l’arma è addirittura il fiore. Mettete dei fiori nei vostri cannoni era uno slogan del ’68, tornato purtroppo attuale nella nostra Europa del 2022.

«Le cose d’ogni giorno raccontano segreti – a chi le sa guardare ed ascoltare». Comincia così una canzone cantata da Sergio Endrigo, che poi conclude con «per fare tutto ci vuole un fiore».

In effetti una delle rivoluzioni più grandi e durature che la terra abbia visto nei suoi miliardi di anni è stata quella innescata dalla comparsa del fiore, definito da Charles Darwin “abominevole mistero”, in quanto non riusciva a capire come avesse fatto a comparire quasi dal nulla, probabilmente insieme ai dinosauri, durante l’era del Giurassico, circa 200 milioni di anni fa. Darwin, autore egli stesso di una ulteriore rivoluzione, quella relativa alla evoluzione della vita sulla terra, ha di fatto fondato i suoi studi e le sue scoperte anche sulle analogie o differenze che i vari gruppi di piante presentano nei loro organi fiorali.

Come poi la già citata rivoluzione hippie degli anni ’60 del ‘900 – non a caso chiamati “figli dei fiori” -, anche queste, vegetali e botaniche, hanno nel sesso uno dei fattori fondanti, se non il principale: il fiore è l’organo sessuale che permette, anzi invoglia, lo scambio genetico fra individui diversi, innescando una progressiva diversificazione (biodiversità) che ha permesso di dominare nel tempo la copertura biologica del nostro pianeta alle “Spermatofite” (piante che dal fiore producono poi il seme, divise a loro volta fra Gimnosperme – con seme nudo – e Angiosperme – con seme protetto); le prime, più conosciute come conifere, presentano fiori quasi invisibili, mentre le seconde sono quelle con fiori spesso molto grandi, colorati e profumati, in una parola, attraenti.

Lorenzo Peruzzi, docente di Botanica Sistematica all’Università di Pisa afferma che «le Angiosperme potrebbero essersi originate tra i 247 e i 136 milioni di anni fa, iniziando la loro diversificazione a partire dal tardo Giurassico ma divenendo dominanti in quasi tutti gli ambienti terrestri soltanto nel Paleocene (60 milioni di anni fa)». Questo periodo di latenza o comunque di lenta diffusione iniziale gli suggerisce un paragone fra le dinamiche evolutive e un ordigno esplosivo, avente una “miccia evolutiva” abbastanza lunga prima di arrivare alla esplosione vera e propria. Tutte le principali linee evolutive di Angiosperme si sarebbero originate in ambito tropicale, per poi colonizzare anche le aree del pianeta a clima temperato e arido, sino ad affermarsi in tutto il pianeta. Pur in assenza di certezze, dovute alla carenza di reperti fossili di organi così delicati, è abbastanza condivisa la convinzione che sia le attuali Angiosperme, che le Gimnosperme si siano originate dalle cosiddette “Pteridosperme”, peculiari fossili con aspetto di felci che già, però, producevano una specie di seme, passaggio che in parte spiegherebbe l’abominevole mistero di Darwin.

«Sappiamo – sottolinea infatti Peruzzi – che le piante da fiore si sono originate da precedenti gruppi, ora estinti, di piante da seme, che avevano evoluto la capacità di proteggere i propri ovuli (le strutture che divengono semi dopo la fertilizzazione) all’interno di ovari (le strutture che divengono frutti). In piante di questo tipo, a un certo punto, sono comparsi anche nuovi tipi di foglie trasformate, adatti a funzionare da “richiamo” per alcuni animali (prevalentemente insetti): i futuri fiori».

Un recente studio comparso sulla rivista Nature documenta la correlazione tra l’evoluzione delle Angiosperme e il livello di ossigeno presente in atmosfera, con la comparsa degli incendi nel Cretaceo, e di un loro ruolo rivoluzionario nel plasmare gli ecosistemi, contribuendo a creare un ambiente più abitabile per le attuali forme di vita, umani compresi. La curva di crescita tra le specie di coleotteri, insetti fitofagi e impollinatori è infatti strettamente legata a quella delle Angiosperme, la cui differenziazione ha “trainato” con sé la biodiversità globale.

Insieme al progressivo sviluppo delle forme arboree di Gimnosperme (più antiche) e Angiosperme, si è affermato il dominio degli alberi e del loro legno, testimoniato dagli immensi depositi risalenti al Carbonifero (fra 350 e 300 milioni di anni fa), insieme alla comparsa del fuoco. «È interessante notare – dice Renato Bruni, docente di Botanica e Biologia farmaceutica all’Università di Parma – che da quando piante e animali hanno colonizzato la terra circa 400 milioni di anni fa, l’ossigeno atmosferico è rimasto compreso tra il 16 e il 30%. Simili valori sottendono precisi regimi e frequenze di incendi. Con ossigeno atmosferico sopra il 30%, la frequenza e l’entità degli incendi sopprimerebbero la vegetazione al punto da impedire la formazione di grandi ecosistemi forestali. È probabile che il successo delle Angiosperme durante il Cretaceo sia stato determinato da una concomitanza di più fattori, tra cui il essenziale sarebbe il fuoco». La quasi totalità delle piante attuali (in massima parte Angiosperme) presenta infatti meccanismi di resilienza e di ripresa molto rapida dopo il passaggio del fuoco, vincendo così la competizione con gli altri gruppi vegetali. Ancora Bruni: «Se identifichiamo in Prometeo il personaggio mitologico che donò il fuoco all’umanità, forse dovremmo immaginarlo come un titano verde e legnoso».

Tornando al fiore, organo originato da foglie modificate per svolgere la riproduzione sessuata, e alla sua struttura, le sue parti fertili sono costituite dall’insieme dei pistilli (gineceo  o parte femminile), e l’insieme degli stami (androceo o parte maschile). Oltre alle parti fertili si trovano anche altre parti sterili che però svolgono fondamentali funzioni per il successo riproduttivo.

Gli elementi fiorali sono inseriti su un corto asse chiamato ricettacolo, o talamo. Su questo è inserito il perianzio, costituito nelle Dicotiledoni dal calice (insieme dei sepali) e dalla corolla (insieme dei petali), che hanno funzione di richiamo visivo per gli animali impollinatori. Nelle Monocotiledoni si trovano solo fiori con elementi del perianzio tutti uguali a formare i perigonio, formato dall’insieme dei tepali. Non sempre i fiori presentano insieme le parti fertili maschili e femminili: se sono presenti solo gli stami i fiori sono detti maschili, o staminiferi, se sono presenti solo i pistilli sono detti femminili, o pistilliferi. I fiori di questo tipo sono chiamati unisessuali. Nel caso in cui i due sessi sono presenti nel medesimo fiore si parla invece di fiore ermafrodita. Spesso si trovano fiori maschili distinti dai femminili, posti in posizioni diverse della stessa pianta, in modo da ostacolare l’autofecondazione e favorire lo scambio e gli incroci dei geni (sempre in ottica “biodiversità”).

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