domenica, Aprile 28, 2024

Pistoia, poche aziende iscritte alla Camera di Commercio e 95 cessazioni: l’analisi di Confcommercio

PISTOIA – Nella provincia di Pistoia il 2021 si chiude con un salto in negativo fra nuove iscrizioni e cessazioni di aziende pari a -64 unità (6,5% sul totale della regione) per un complessivo di 1.630 imprese del settore registrate in Camera di Commercio.

A dirlo è Fipe-Confcommercio Pistoia – il Sindacato in rappresentanza dei pubblici esercizi della provincia – sulla base dei dati Infocamere, dai quali emerge un quadro complesso per il settore sul territorio.

Pesano le 95 cessazioni nonostante il 5,7% posizioni la provincia fra le meno incidenti sul totale di chiusure in Toscana nel 2021. Il dato peggiore però sono le poche aziende iscritte: solo 31, il numero più basso in Toscana (5% sul totale).

“Si tratta di un evidente segno di territori che più di alti hanno pagato il prezzo del blocco del turismo e della mobilità e, soprattutto, dell’incertezza verso il futuro. Di fianco a questo, ciò che preoccupa di più i pubblici esercizi è la perdita di risorse umane con la scomparsa di 1194mila posti di lavoro in Italia rispetto al periodo pre-covid (Rapporto 2021 Fipe-Confcommercio)” scrive l’associazione.

In provincia di Pistoia sono 2.671 gli occupati (il 5% del complessivo toscano) “e con l’avvicinarsi della stagione estiva e il decadimento delle restrizioni anti-contagio, tornano a mancare professionalità e competenze. Questa è la naturale conseguenza di due anni di stop&go che hanno caratterizzato il settore e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato tutto intorno”.

“La provincia di Pistoia presenta sicuramente una situazione a macchia di leopardo dove la sofferenza maggiore viene registrata in Valdinievole, abituata ad ospitare fino al 2019 flussi turistici extra-europei. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività. Il problema, se da una parte nasce come frutto di un momento, dall’altra rischia di diventare strutturale e di impoverire le città di una delle principali fonti di richiamo. Sono necessarie iniziative e politiche a sostegno dell’occupazione nel settore. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno”.

Dati Fipe-Confcommercio (su scala nazionale)

  • Dopo l’emergenza Covid, l’impennata dei costi di materie prime ed energia paralizza il settore: l’87% degli imprenditori ha registrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari.
  • Rimangono contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: nel febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.
  • L’impennata dei costi di gestione incide sulle previsioni di crescita, con il 62% delle imprese che ritiene verosimile un ritorno ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Incertezza che si acuisce a causa della minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta principalmente, secondo il 43% degli imprenditori, agli effetti del carovita e al perdurare di un indice di fiducia negativo.
  • Per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019. Nel 2021 i consumi si sono ulteriormente ridotti di 24 miliardi di euro rispetto al 2019.
  • Il lavoro resta l’emergenza più grave generata dal Covid: 193mila occupati in meno rispetto al 2019 e il 21% delle imprese lamenta di aver perso manodopera professionalizzata e formata. Per 4 imprenditori su dieci mancano candidati e competenze adeguate.

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