lunedì, Aprile 29, 2024

Festival del Giallo, il giornalismo d’inchiesta. Nostra intervista a Sigfrido Ranucci

di Stefano Di Cecio

PISTOIA – Una presenza molto attesa quella di Sigfrido Ranucci al Festival del Giallo di Pistoia dove ha presentato anche il suo ultimo libro “La scelta”, ovvero quella di un giornalista, la sua. Una scelta di vita nell’impegno della lotta per l’informazione libera, certamente scomoda per alcuni personaggi. Sulla quarta di copertina c’è un origami che rappresenta un airone.

Ranucci racconta un episodio occorsogli in treno mentre stava andando a Milano a presentare i palinsesti di Report, accanto a lui c’era una signora che lo ascoltava mentre parlava al telefono, alla fine gli consegna l’origami a forma di airone.

“Lei ha bisogno di volare alto perché vede cose che altri non vedono, ma come tutti i grandi uccelli quando si tratta di camminare per terra lei saltella, non è in grado di camminare normalmente” gli dice. Aveva scoperto la sua fragilità.

Sigfrido Ranucci, a destra, con Giuseppe Previti, a sinistra, e alcune immagini del suo intervento alla Biblioteca San Giorgio per il Festival del Giallo (fotografie di Stefano Di Cecio)

Il libro comincia con il racconto di un motociclista che si schianta di fronte al cancello di casa sua, Ranucci sente il botto, esce di casa e trova il motociclista rantolante in una pozza di sangue. Tenta di fermare l’emorragia, la situazione era grave, nel frattempo si avvicina un altro giovane e tenta di portare via la motocicletta. Glielo impedisce dicendogli che sarebbe dovuta arrivare la Polizia per i rilievi. Arriva l’ambulanza e porta via il ferito. Ranucci scoprirà, anni dopo, che quel signore era un albanese: faceva parte di un gruppo che operava nel narcotraffico ed era un killer che era stato incaricato di ucciderlo. Da allora vive sotto scorta.

Ranucci parla poi del suo passato da inviato per la Rai, esperienze uniche e spesso drammatiche, dall’abbattimento delle Torri Gemelle a New York all’uso delle bombe al fosforo bianco nella guerra in Afghanistan in violazione delle leggi internazionali, dalla guerra in Iraq al recupero rocambolesco dei dipinti di Callisto Tanzi per un valore di circa 100 milioni di euro occultati a seguito del crack della Parmalat.

Molte le querele sulle sue spalle, circa 180, fatte da personaggi politici e non, a causa delle sue inchieste scomode.

L’abbiamo avvicinato e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Qual è il suo rapporto con il genere del giallo?

C’è un’inchiesta che tu cominci praticamente quasi da zero ed è come un giallo appunto, perché non sai come va a finire. Non è come fare il giornalismo che smista le veline o le notizie che arrivano dalle agenzie. Qui c’è da costruire una notizia, confermarla da zero e non sai mai dove ti porterà. Nel mio libro faccio l’esempio del jazzista cieco che deve attraversare una strada a New York in un’ora di punta. Aspetta che qualcuno lo aiuti e alla fine sente una mano sulla sua spalla, è quella di un altro cieco che gli chiede di farlo passare dall’altra parte della strada. Allora lui prende coraggio, attraversa e dice “è stata l’esperienza più eccitante della mia vita”. Un’inchiesta è così, quando nasce da zero e lasci la testa e l’animo sgombro e indipendente non sai mai dove ti porterà.

Come vede lo sviluppo delle investigazioni al giorno d’oggi, con le fake news e il resto?

Bisogna fare molta attenzione, uno slalom fra le fake news perché ce ne sono e ne girano tante, il tentativo di inquinare la buona informazione è proprio quella di far girare delle false notizie ma verosimili, è come di fronte a un bel piatto di polpette sai che dentro ce n’è una avvelenata, alla fine butti via tutto il piatto, non ti metti a cercare quella avvelenata.

Lo vede questo pericolo?

Assolutamente sì. Un altro è quello della pressione politica ed economica sui giornalisti. Hanno tentato di aumentare anche le richieste di risarcimento, sembra. Notizia di questi minuti che sia stato scampato il carcere ai giornalisti per il reato di diffamazione. Poi c’è un tema generale di libertà di stampa perché c’è tutta una serie di leggi liberticide e se passerà il disegno di Legge Costa sarà impossibile dire i nomi degli arrestati e anche con chi erano collegati. Dal gennaio del 2025 scatterà il meccanismo dell’improcedibilità, Legge Cartabia, che impedirà ai processi di non durare più di due anni in Corte d’appello e più un anno in Cassazione, e consentirà agli imputati di rendersi anonimi. Non sapremo quindi chi sono i colpevoli di un fatto anche se non è sanzionabile da un punto di vista giudiziario, ma magari ha inciso sulla qualità della vita dei cittadini. Dal primo gennaio 2025 non potendo più scrivere questo ci sveglieremo in un mondo migliore perché non sappiamo nulla ma senza aver fatto nulla per procurarcelo.

Vede qualche rischio per la sua trasmissione in un prossimo futuro?

Il rischio c’è se non c’è chi la difende, da dentro e da fuori. Credo che Report, indipendentemente da chi la conduca, se rimane quella che è sia una grande risorsa per i cittadini e anche una risorsa per un Governo che non miope.

I collaboratori li scegli lei?

Sono scelti nell’ambito delle regole aziendali, non posso scegliere chiunque. Ci sono delle regole con delle formule che bisogna rispettare perché è un ente pubblico.

Come replica quando ci sono delle reazioni sensibili da parte degli indagati che rimangono particolarmente colpiti dall’inchiesta?

Con le carte, con la documentazione che noi abbiamo, tenendo presente che noi non facciamo mai un’inchiesta contro qualcuno, le nostre inchieste sono fatte per evidenziare un’anomalia e per il bene comune. E’ un fatto fondamentale a cui non derogo.

LEGGI ANCHE

Rispondi

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

Ultime su Pistoia