mercoledì, Maggio 8, 2024

Francesco Rainero, nel cantautorato lo spazio per esprimere se stesso

di Elisabetta Branchetti

FIRENZE – Francesco Rainero nasce a Firenze il 29 luglio 1995. La sua esperienza con la musica inizia ufficialmente nel 2002, quando entra a far parte del Coro delle voci bianche dell’Accademia musicale di Firenze diretto da Lucia De Caro.

Francesco Rainero

Dal 2002 al 2009 il Coro collabora con Zucchero per la canzone “Let it shine”, contenuta nell’album Fly, con Irene Grandi nell’album “Canzoni per Natale” e con Roy Paci nel brano “Defendemos la alegria”, sigla del programma televisivo Zelig nel 2008.

Dal 2007 sale ogni anno sul palco del Teatro della Pergola di Firenze per spettacoli di teatro musicale, in qualità di attore e cantante. Ha studiato canto moderno con Filomena Menna all’Accademia musicale di Firenze.

Nel 2014 ha preso parte al progetto di musica inedita Bande Sonore, coordinato dal cantautore Bungaro. Nello stesso anno inizia la sua avventura con la Compagnia delle Formiche interpretando il ruolo di Artù nel musical “La spada nella roccia”.

Francesco Rainero in studio

Francesco, la passione per la musica quando è nata?

Fin da bambino ho sempre avuto un orecchio molto attento e curioso nei confronti dei suoni e delle canzoni, credo che la scintilla sia scoccata proprio in quei pomeriggi in casa in cui la musica non mancava mai. Difficile non innamorarsene.

Con quale strumento hai iniziato a suonare e qual è quello che ti piace di più?

Il mio primo strumento è stata la voce. Ho iniziato a cantare in un coro a 7 anni e poi di fatto non ho mai smesso. Tutti gli altri strumenti che ho studiato e che suono (batteria, chitarra e pianoforte) sono stati nel mio percorso sempre funzionali alla voce, da un punto di vista ritmico, di accompagnamento e di scrittura.

Francesco Rainero

Il tuo percorso artistico quando è iniziato?

Dal punto di vista della professione di musicista sicuramente nel 2016, quando ho iniziato a lavorare al mio primo disco, Mancino, e ho aperto il concerto di Ligabue al Parco di Monza. Da quel momento la musica, che già era la mia più profonda passione, è diventata a tutti gli effetti parte integrante del mio lavoro. Credo sia stato quello il momento in cui realmente ho deciso che avrei voluto vivere di arte, musica e cultura.

Hai scritto molti brani inediti, quando è nato il bisogno di scrivere?

Come credo valga per molte persone che iniziano a scrivere canzoni, in prima battuta è stato quasi un istinto di imitazione: ho sempre ascoltato la musica d’autore ed è stato naturale a un certo punto della mia adolescenza provare anch’io a utilizzare quel linguaggio. Poi però ci ho preso gusto. E quello che all’inizio sembrava quasi un esercizio di stile è diventata la mia urgenza, la mia forma di espressione. Grazie ai brani del disco a cui sto lavorando in questi mesi, ho veramente capito che non ho modo di esprimermi più efficace e genuino delle canzoni. È quasi una forma di auto-terapia.

Hai avuto grandi collaborazioni artistiche con chi?

Ho avuto la fortuna e il privilegio di incrociare la mia strada con artiste e artisti che hanno avuto fiducia nel mio lavoro e che mi hanno supportato. Fondamentale è stato l’incontro con Grazia Di Michele, che nel 2017 ha accettato di duettare con me in un brano del mio primo disco Mancino (È volato via luglio) e che negli anni mi ha dato la possibilità di aprire alcuni suoi concerti e partecipare a festival e rassegne prestigiose. Anche Bungaro ha avuto un ruolo davvero importante nella mia vita artistica: abbiamo scritto e suonato insieme, ma soprattutto mi ha spronato fin da subito a ritagliarmi il mio spazio nella musica, insegnandomi a rispettare i miei tempi e a valorizzare i miei talenti. Non posso poi non citare, tra gli altri, Ligabue e Francesco De Gregori, che mi hanno permesso di aprire i loro concerti nel 2016 e 2018.

Pensi di aver realizzato tutti i sogni nel cassetto? O ne è rimasto qualcuno ?

Per fortuna ce ne sono ancora moltissimi.

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