venerdì, Aprile 26, 2024

Le trasformazioni del sistema industriale, il Gotha dell’economia a Pistoia

di Umberto Alunni

PISTOIA – L’iniziativa è partita dal 2017, anno in cui Pistoia è stata Capitale Italiana della Cultura. Aspetto forse più romantico, ma non meno importante, è il ritorno al suo incubatore di origine: l’Antico Palazzo dei vescovi, appena riportato gli antichi splendori dopo un periodo di ristrutturazioni.

Alcuni degli economisti che hanno partecipato ai seminari di Confindustria

L’evento, progettato da Confindustria Toscana nord e Confindustria Centro studi, ha visto la collaborazione della Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia nonché del gruppo IntesaSanpaolo. Il seminario di Pistoia ha affrontato quest’anno due questioni che incombono sulla vita economica con carattere d’urgenza. La prima riguarda l’irrompere della guerra in un contesto internazionale già fortemente condizionato dalla diffusione della pandemia, e le conseguenze che le nuove tensioni internazionali stanno già avendo sul funzionamento del sistema manifatturiero a livello globale. La seconda si colloca a valle della prima. Riguarda le difficoltà economiche che famiglie e imprese si trovano a dover affrontare in un contesto caratterizzato da minori livelli e maggiore aleatorietà dell’occupazione, da una compressione generale dei redditi e dal riaffiorare della povertà nel mondo sviluppato.

Nella prima sessione (Il mondo industriale la guerra), sono intervenuti Giuseppe De Arcangelis – Il ritorno dell’inflazione; Sergio De Nardis – Stagnazione secolare e politica economica; Augusto Ninni – Transizione energetica e obiettivi strategici nei principali paesi europei; Cristina Pensa – Strategie di rilocalizzazione nella fase attuale; Lucia Tajoli – Relazioni pericolose: i rapporti commerciali tra Russia e UE; Claudio Vicarelli – La resilienza del sistema produttivo italiano tra Covid-19 e crisi energetica.

Nella seconda sessione (Occupazione, redditi, povertà), sono intervenuti Bruno Anastasia – Il salario vent’anni dopo; Gabriella Bettiol – Il lavoro in Veneto; Francesco Orazi – Mercato del lavoro e diseguaglianze sociali; Marcello Pagnini – Divari di produttività nord-sud, agglomerazione e questione salariale; Alfonso Rosolia – Disuguaglianza e crisi economiche; Luca Rossi – Il lavoro in Emilia-Romagna; Francesco Saraceno – la relazione tra produttività e salario.

Dopo i saluti di Cristina Pantera, vicepresidente della Fondazione, e del direttore di Confindustria Toscana Nord, Marcello Gozzi, Fabrizio Traù di LUISS e Università di Roma Tre ha illustrato i lavori della giornata evidenziando l’opportunità di poter osservare i fenomeni macroeconomici dalla finestra geo strategica.

Nella prima giornata si è parlato del mondo industriale e la guerra Russia – Ucraina. I lavori sono stati coordinati da Fabrizio Onida – università Bocconi.

Il susseguirsi degli interventi ha sedimentato una serie di importanti stimoli e contributi. La molteplicità di cause sopravvenute, guerra, pandemia e altro, hanno scardinato gli andamenti sui quali i mercati e la società hanno potuto contare nelle ultime decine di anni.

La globalizzazione era diventato il bene assoluto di una determinata fase storica, oggi è stato parzialmente demolito o, almeno, ha finito di espandersi. La motivazione principe, che da sempre ha incoraggiato le imprese ad ampliare la catena del valore, a ricercare forniture e produzioni all’estero è il contenimento dei costi, la disponibilità di materie prime all’estero, minori costi dell’energia. La pandemia è stato uno dei principali fattori a stimolare il percorso contrario. La reinternalizzazione di attività produttive, nel tempo, è diventata oggetto di riflessione tenendo conto di questi aspetti di carattere generale: tempi di consegna non sempre rispondenti alle aspettative; necessità di migliorare il rapporto con il cliente; costi logistici effettivi maggiori rispetto a quelli attesi; minore apprezzamento del valore del prodotto.

Sono stati non pochi i paesi che hanno incoraggiato la reinternalizzazione di attività (reshoring), in primis per tutte le attività e successivamente per industries specifiche: Stati Uniti, Francia, Regno Unito e altri. Non figura il nostro Paese. Si è parlato di inflazione, quale fonte di preoccupazione dopo un lungo periodo in cui si era persa l’abitudine alla sua presenza. Uscita dalla pandemia con voglia di spesa, ripensamento del reshoring, aumento prezzi di energia e materie prime: sono queste le motivazioni principali della sua ripresa. Gli effetti non saranno lievi, pur considerando il dibattito tra due fronde di economisti: temporaneisti – secondo i quali siamo in presenza di un’inflazione temporanea appena uscita dalla pandemia ma dopo tutto si aggiusterà; strutturalisti – per loro è appena innescata e durerà a lungo.

Nel medio periodo ci si potrà aspettare una tensione sulle valute con un dollaro sempre più forte, un aumento dei prezzi e inflazione importata, crisi di debito sovrano nei paesi a medio e basso reddito per aumento improvviso dei tassi di interesse. E non è poco.

Si è sottolineata la sopravvenuta pericolosità dei rapporti con la Russia, situazione che è montata dal momento in cui si è passati dal socialismo al libero, si fa per dire, mercato. Il gas e l’utilizzo di materie prime non sono state scelte di politica industriale ma l’unica strategia che si potesse perseguire. La mancata preparazione del sistema industriale e sociale ha dato ampio spazio a comportamenti che hanno irrigidito la redistribuzione del reddito, creando pochissimi ricchi ed una popolazione sempre più povera. Nella situazione attuale i rapporti con le varie parti del mondo sono, eufemisticamente parlando, quanto meno asimmetriche. In tal senso è stato ricordato Keynes che, già 100 anni fa, evidenziava il pericolo di relazioni distorte tra paesi. Purtroppo, in Russia, tutto ciò ha condotto ad una catastrofe sociale mai ben raccontata.

Un’interessante focus è stato sviluppato sulla transizione energetica la cui sapiente messa a terra potrebbe assicurare un’occasione di sviluppo non lontana da quella degli anni ’50, per spessore, portata e dirompenza. In merito l’Italia ha ancora molta strada da percorrere rispetto ai Paesi contigui. Il rapporto tra “Incidenza energia non fossile / energia in pacchetti fiscali” vede il bel paese con un 20,5% rispetto a Germania, Francia e Spagna che si attestano dal 60 al 70%. Con ciò si vuole semplicemente intendere che in Italia si investe molto meno per lo sviluppo dell’energia non fossile. Si spende comunque di più per proteggere imprese e persone da crisi energetica e inflazione: Italia 3,3% del PIL, Germania, Francia e Spagna da 2,8% a 2,9%.

Nella seconda giornata si è parlato di Occupazione, redditi, povertà con il coordinamento di Anna Maria Simonazzi, Università Sapienza di Roma.

I vari interventi che si sono susseguiti hanno portato al centro dell’attenzione le più pressanti problematiche legate al mondo del lavoro, in primis occupazione e reddito. Oggi si assiste ad un’asimmetria tra richiesta di lavoro e offerta. Paradossalmente una fetta consistente di lavoro non riesce ad essere collocata, con mancata riduzione della disoccupazione, lato lavoratori, e mancanza di copertura di alcune figure professionali, lato imprese. La tematica si acuisce considerando che il salario costituisce anche reddito e capacità di spesa. In merito occorre ricordare che negli ultimi 30 anni il salario medio è diminuito del 2,9%. La relazione tra produttività ed entità del salario è un tema di rilevo e anche in questo caso non sempre si può registrare un’adeguata correlazione.

Per una serie di motivazioni, tutte convergenti, è opportuno che l’istruzione sia componente della politica industriale. Con ciò vuole intendersi la formazione per diploma, laurea e contestualmente all’attività lavorativa. L’osservazione storica ci regala un buon numero di periodi in cui l’asimmetria tra domanda di lavoro, e conseguente offerta, è stata più evidente di altri. Tra tutti si ricorda il primo periodo degli anni cinquanta. In quel caso la necessità sopravvenuta di skills nel comparto elettronico e elettrotecnico è stata sopperita, seppur in parte, dalle scuole per corrispondenza, Scuola Radio Elettra docet. L’attuale complessità e specializzazione della domanda di lavoro non consentono di risolvere l’asimmetria con l’offerta emulando meccanicamente quanto adottato 70 anni fa.

Grande soddisfazione per Fabrizio Traù, ispiratore del seminario, al termine dei lavori. La sua Figura è stata costantemente presente fin dal suo esordio, nel lontano 2017, all’interno del contenitore di Pistoia Capitale italiana della cultura.

“L’impressione generale è stata notevole come sempre – ha evidenziato Traù – è questa un’occasione che si ripete da cinque anni. Ogni volta stupisce per la facilità con cui ci si ritrova, la coesione del gruppo e la partecipazione ad un simile evento nella consapevolezza di generare un bene collettivo, aspetto importante anche per il territorio”.

Riguardo alle due sessioni Traù ha spiegato che “sono state mirate su due contenuti molto attuali ed altrettanto urgenti, evitando di rimanere troppo sullo sfondo, con la ferma intenzione di prendere il toro per le corna, almeno per gli aspetti più significativi”.

Il seminario ha acquisito forza negli anni ed il suo ritorno all’Antico Palazzo dei Vescovi ne rivendica la pistoiesità. Le penta-occasioni di incontro hanno affrontato tematiche di rilievo e tratto importantissime conclusioni, anche tenendo conto dell’autorevole parterre sul quale si è sempre potuto contare. Più in generale il format, così come processato, continua a restituire grandi soddisfazioni e stimolerebbe gli organizzatori a tenere assolutamente fermo il timone, evitando virate, seppur minime. Secondo Julio Velasco la squadra che vince si cambia per far si che torni a vincere. In ossequio ad un consumatissimo luogo comune nella squadra che vince l’allenatore non si cambia. Ecco due chiavi di lettura agli antipodi all’interno delle quali insiste un ampio range di possibili soluzioni, anche per il futuro del seminario in questione. Chi avrà ragione?

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