venerdì, Marzo 29, 2024

Stop della banche al Superbonus, le imprese rischiano il fallimento

di Andrea Bongi

PISTOIA – La grande trappola del 110%. Decine di migliaia di imprese sono rimaste impigliate nella stretta sulla cessione dei crediti e rischiano il fallimento. Molti dei cantieri avviati con il Superbonus si sono già bloccati o si stanno per fermare. Nessuno, o quasi, è disponibile ad accollarsi nuovi interventi. Da grande opportunità, che per alcuni mesi ha trascinato la ripresa del paese, il 110% si è trasformato nel giro di pochi mesi, in una vera e propria morsa infernale, un Vietnam dal quale risulta davvero difficile, almeno per il momento, trovare una rapida e dignitosa via di fuga.

Superbonus 110%

In assenza di interventi normativi, finalizzati quantomeno ad individuare una rapida per tutti coloro che si trovati imprigionati dalla suddetta morsa economico-finanziaria, le ripercussioni sull’intero sistema paese non potranno che essere di proporzioni devastanti.

Fino ad oggi tutte le voci che si sono sollevate per evitare il default del settore sono rimaste inascoltate. Per cercare di smuovere il Governo le imprese del comparto edile hanno indetto una manifestazione di protesta per il prossimo 24 giugno a Roma.

Proviamo a capire come si è arrivati a questo punto e come si è riusciti, davvero in poco tempo, a trasformare un’opportunità di sviluppo in un fattore di default.

L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso del Superbonus è stata la chiusura da parte degli istituti di credito degli acquisti dei crediti fiscali dalle imprese edili che hanno operato lo sconto in fattura o l’acquisto diretto. Nonostante tali crediti siano già sul cassetto fiscale dei general contractor o delle imprese che hanno eseguito i lavori e siano, nei fatti, già oggetto di una prima validazione di conformità da parte dell’Agenzia delle entrate, le banche hanno comunicato, pochi giorni fa, la loro improvvisa indisponibilità all’acquisto degli stessi (si veda ItaliaOggi dell’11 giugno scorso).

In molti casi tali comunicazioni rappresentano una vera e propria violazione degli accordi contrattuali e degli impegni già assunti dagli istituti di credito nei confronti delle imprese clienti. Un vero e proprio fulmine, non proprio a ciel sereno, un duro e improvviso colpo per migliaia di piccole e medie imprese edili che si sono trovate senza più terra sotto i piedi. La chiusura del canale bancario rappresenta per loro la fine della liquidità e la conseguente impossibilità di procedere ai pagamenti delle forniture, degli stipendi, delle imposte e dei contributi dovuti. E’ l’inizio di una difficoltà finanziaria che potrebbe tradursi ben presto – complice anche l’imminente debutto della nuova normativa sulla crisi d’impresa – in un vero e proprio default di massa.

Ma come si è arrivati a questo punto? È tutto paradossalmente molto semplice. L’esecutivo prima e il parlamento poi, hanno infierito senza sosta sulla norma istitutiva del superbonus, modificandola a getto continuo e creando così i presupposti per la sua sostanziale implosione.

Prima si è intervenuti per bloccare le frodi, poi si sono introdotti limiti temporali stringenti all’esecuzione delle opere, infine si sono introdotte norme che, nei fatti, impediscono alle realtà di minori dimensioni di poter continuare ad operare (obbligo di iscrizione alla cassa edile, necessità di attestazione SOA, etc.).

In aggiunta a tutto ciò il blocco delle cessioni dei crediti e le limitazioni alla loro circolazione perfino all’interno dello stesso sistema bancario e interbancario.

Il risultato? Nessuno vuole più saperne di superbonus.

Se si voleva mettere fine a quello che lo stesso Presidente del Consiglio non ha esitato nel definire come una misura sostanzialmente anti concorrenziale che ha favorito la crescita ingiustificata dei prezzi, ci si è di fatto riusciti.

Arrivati a questo punto però resta da risolvere la questione di tutti coloro che, fidandosi dello Stato italiano – fino a prova contraria gli articoli 119 e 121 del DL 34/2020 sono norme di legge tutt’ora in vigore – hanno effettuato investimenti, iniziato i lavori e acquistato crediti fiscali nel rispetto delle disposizioni vigenti.

Occorre trovare al più presto una via di uscita per tutte le imprese coinvolte e per gli immobili per i quali sono in corso lavori agevolabili al 110%.

Se non viene sbloccato velocemente il mercato delle cessioni dei crediti fiscali a rischio default non è solo buona parte del comparto dell’edilizia ma anche tutto l’indotto che ruota attorno allo stesso.

Una volta risolto questo drammatico momento, si può starne certi, nessuno si avvicinerà più al 110% e gli altri stati membri della UE, che proprio di recente hanno manifestato interesse per questa disposizione introdotta dall’Italia, potranno far tesoro dai nostri errori per attuarla anche nei loro territori.

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